"Ma di cosa parlate?"
Un anno della P.E.M. (Palestra Emotiva Maschile), il nostro gruppo di autocoscienza maschile
"Ma di cosa parlate?". Credo sia la domanda che mi sono sentito rivolgere più spesso negli ultimi mesi. Da un anno faccio parte di un gruppo di autocoscienza maschile.
È nato su proposta di Tommaso, mio amico da sempre, in seguito al femminicidio di Giulia Cecchettin, e dal desiderio condiviso di rispondere a una domanda cruciale: oltre a non avere comportamenti violenti con le donne che frequentiamo, cosa possiamo fare per stare al loro fianco in questa società ingiusta? Come assumerci delle responsabilità e andare oltre il semplice "not all men" ("non tutti gli uomini")?
Abbiamo letto qualche libro, partecipato ad incontri in cui ci veniva spiegato un modo per mettersi in cerchio e iniziare a parlare di cosa significhi essere uomini, come mettere in discussione la propria maschilità e riconoscere i privilegi che essa comporta nel mondo che abitiamo. Tra maschi.
Così abbiamo chiesto uno spazio al Circolo Arci 29 Martiri di Figline a Prato, la nostra città, e lanciato una call. "Usiamo questo claim: Maschilità, sostantivo femminile", ha proposto Tommaso. Perfetto. Abbiamo organizzato i primi due incontri e si sono presentati circa 15 uomini, dai 18 ai 70 anni. Di quel gruppo iniziale, oggi siamo una decina: nel tempo alcuni si sono ritirati, altri si sono aggiunti.
Siamo la P.E.M. – Palestra Emotiva Maschile di Prato.
Tutto ciò che abbiamo messo in pratica lo abbiamo "rubato" dalla pratica dell'autocoscienza femminista degli anni 70 e dai gruppi di maschi che si erano già messi in cerchio prima di noi, in primis Gnam di Milano e Maschile Plurale Lucca. Loro ci hanno dato consigli preziosi e aiutato a capire le regole del gioco, che in realtà sono semplici: in primis, è il gruppo a stabilire le regole.
Le regole che ci siamo dati
• Il gruppo è aperto solo a persone che si riconoscono nel genere maschile. Tuttavia, se può offrire spunti di riflessione e confronto, possiamo ospitare donne come invitate occasionali (ad esempio, abbiamo chiesto alla responsabile del Centro Antiviolenza di Prato di partecipare ad un nostro incontro). Numero massimo di partecipanti al gruppo: quindici.
• Il gruppo è orizzontale. Anche se io e Tommaso siamo stati i promotori, il nostro valore all'interno del gruppo è pari a quello degli altri. Non esistono moderatori fissi: il gruppo si autogestisce.
• Parliamo in cerchio.
• Ci incontriamo una volta ogni due settimane.
• Il gruppo deve essere uno spazio di libertà, ascolto e apertura. La scelta di non far partecipare donne è legata anche a questo: ognuno ha il proprio percorso di decostruzione (per alcuni, il gruppo è il primo passo), e la presenza di donne al gruppo potrebbe rendere più difficile aprirsi liberamente.
• Il dialogo non deve essere giudicante. Non è ammesso l’uso di un linguaggio offensivo, né nei confronti dei presenti né di chi non è presente.
• Non parliamo dei massimi sistemi. L'obiettivo non è fare discorsi astratti sulla società brutta, sporca e cattiva, ma partire da esperienze personali. Come ci fa sentire una determinata situazione, notizia, evento o ricordo?
• Gli argomenti di discussione vengono scelti a turno dai membri del gruppo. Selezioniamo i temi da un elenco scritto la scorsa estate: possono essere testi, libri, canzoni, video o fatti di cronaca, usati come spunto per avviare la conversazione. Gli altri membri non conoscono l’argomento scelto. L'impreparazione, da questo punto di vista, è un vantaggio perché ci obbliga alla spontaneità e ad attingere alle esperienze personali.
• Tutto quello che viene detto nel gruppo rimane nel gruppo. Un po’ Fight Club, lo sappiamo, ma è essenziale per garantire libertà di tutti.
• Finito l'incontro, amarino defaticante al bar del circolo.
Queste sono le nostre regole. Ogni gruppo può decidere o sentire l’esigenza di averne altre.
La prima volta: "anche io"
Né io né Tommaso avevamo mai avuto esperienze in gruppi di autocoscienza. Alla prima riunione, lui ha portato un brano tratto dal libro del collettivo Mica Macho, dedicato alla difficoltà degli uomini nell’esprimere i propri sentimenti, soprattutto quelli legati alla vulnerabilità. Ha letto, ha condiviso un suo pensiero sull’argomento e poi ha taciuto.
In quel momento è successa la magia, quella che continua a ripetersi da allora. È iniziato un confronto che avrebbe potuto durare tre ore e più.
"Anche io": questa è probabilmente l'espressione che sentiamo più spesso durante i nostri incontri. Il riconoscersi nell’altro, il non sentirsi soli nel porsi certe domande su cosa significhi essere uomini oggi, il mettere in discussione il contesto in cui siamo cresciuti. Il mito della performance, declinato in ogni ambito: potere, soldi, sessualità, violenza, forza.
"Come mi sento se la mia compagna mi paga le vacanze?"
"Come mi fa sentire piangere?"
”Che rapporto ho col mio corpo?”
"Riesco a non sessualizzare quello di una donna appena la conosco?"
"Quando i miei amici fanno commenti sessisti su una donna, riesco ad intervenire?"
Giusto per fare qualche esempio.
La P.E.M. e il mondo esterno
Nel primo anno di vita abbiamo partecipato a diverse iniziative: incontri con altri uomini al di fuori del gruppo per far loro sperimentare la pratica dell’autocoscienza, discussioni con studenti (maschi) nelle scuole e preso parte a tavole rotonde.
Proprio durante l’ultimo incontro, riflettendo su questo primo anno di vita della P.E.M., ci siamo detti che, in un contesto in cui spesso il commento immediato che ci sentiamo dire è "fate benissimo, dovrebbero farlo tutti gli uomini, bravissimi!", il rischio è che l’attenzione si sposti su di noi. È già successo e succederà ancora. Ma è fondamentale ricordare che questa discussione non la portiamo avanti noi: la portano avanti le donne. Noi possiamo stare al loro fianco, in ascolto, possibilmente in silenzio.
Qualche mese fa, Carolina Capria ha parlato di come la decostruzione maschile stia diventando una merce nel nostro tempo capitalista: sempre più libri, spettacoli teatrali, serie tv, festival, corsi trattano il tema. Se da un lato si accende un riflettore su qualcosa che per troppo tempo è rimasto in ombra, dall’altro, il rischio è quello di sentirsi arrivati.
E invece, come dice Capria, "la decostruzione maschile dal patriarcato è un percorso che tu cominci quando scegli di metterti in discussione e finisce quando arrivi nella tomba da vecchio". E che "ogni uomo che punta il riflettore su di sé per parlare della sua decostruzione, sta togliendo il microfono e la voce ad una donna".
E questo punto di vista credo sia davvero importante tenerlo a mente.

Non siamo Panda
Noi non siamo bravi ragazzi. Non crediamo di star facendo nulla di straordinario. E, soprattutto, non siamo panda.
Abbiamo i nostri limiti, frutto di una vita intera trascorsa immersi in una cultura che ci ha assegnato un ruolo rigido, soffocante. Un ruolo che, come tante donne, vogliamo scardinare. Perché crediamo che solo così possa nascere una società più libera ed equa per tutte e tutti: per le donne, ma anche per gli uomini. La strada è lunga. Ma la direzione c’è.
Viviamo in un Paese in cui, nel giro di 24 ore, si sono consumati due femminicidi. In cui discutiamo ancora troppo di come fosse vestita la vittima e troppo poco di quali modelli maschili abbiano plasmato il carnefice.
Diciamo troppo poco ancora che "il problema della violenza contro le donne è un problema degli uomini", come recitava un cartello ad una manifestazione.
Per questo ho sentito il bisogno di raccontare la mia esperienza nel gruppo di autocoscienza. Perché mettersi in discussione è possibile. Farlo insieme, tra uomini, è fondamentale. E perché il cambiamento può partire dal nostro piccolo: prima dentro al gruppo, poi - si spera il più possibile - al di fuori, nel mondo, nelle relazioni quotidiane, con gli altri uomini che incontriamo.
“Un gruppo di autocoscienza maschile si può fare anche in due. Anche di fronte ad una birra. basta volerlo”.
5 link sull’argomento
“Maschilità Smascherata”: il libro del gruppo GNAM
“Cosa vuol dire fare l’uomo”: il libro di Mica Macho
Gli uomini possono mettere in discussione il dominio maschile?: il TED X di Stefano Ciccone, fondatore di Maschile Plurale
“Parlare di maschilità, tra maschi”: un lungo articolo de Il Post sul tema
“Cazzi Nostri - Cose tra maschi”: un podcast di Diego Passoni e Nicola Macchione
Una canzone che ascoltavo mentre scrivevo queste righe